Nel campo dell’arte applicata, la creazione assume da subito un aspetto pazientemente giocoso. Le mani si muovono animate dalla ricerca di una soluzione progettuale. Ad esempio, un fantoccio di cartapesta si erge su se stesso e man mano si connota con dettagli fatti di piccoli pezzi di materiali, anche diversi, recuperati chi sa dove e quando ma conservati con la cura e la curiosità del “trovarobe” che sa che, con il ricorso alla propria fantasia artistica, non sarà difficile prevederne un efficace futuro utilizzo. In pratica, il lavoro di un trovarobe capace di immaginare una scena, un personaggio ,un costume, una storia riuscendo poi a realizzarli .
Questo è stato anche il lavoro di Emanuele Luzzati (Genova, 3 giugno 1921 – 26 gennaio 2007) da cui questa mostra trae liberamente ispirazione omaggiando l’ interprete di una cultura figurativa abile e colta, capace di usare con maestria ogni sorta di materiale: dalla terracotta allo smalto, dall’intreccio di lane per arazzi all’incisione su supporti diversi, ai collage di carte e tessuti composti per costruire bozzetti di scene e di costumi. Anche nell’illustrazione Luzzati ha fatto grande uso della tecnica del collage, utilizzando carte strappate o ritagliate, soprattutto per rappresentare gli abiti dei personaggi, mentre i volti e le mani sono generalmente disegnati con lo stile dell’artista genovese, che imita quello dei disegni dei bambini.
La mia prima conoscenza del suo mondo fantastico risale ai tempi dell’infanzia grazie ai cortometraggi di cartoni animati trasmessi da quella tv e per me, ancora oggi, indimenticati: La gazza ladra (1964), l’italiana in Algeri (1968) ma anche tanti altri .
Ciò che colpiva il mio occhio era, già allora, una in qualche modo riconoscibile diversità di realizzazione . Luzzati riteneva, infatti, che per il suo tipo di disegni e di temi fosse necessario un tipo di animazione diverso da quello “naturalistico” standardizzato ed allora in voga e che questo significasse la ricerca di un tipo di movimento più semplice, simile alle movenze dei burattini, capace di sincronizzare i fotogrammi con la musica.
Questa mostra – concepita qualche anno fa – per commemorare il centenario della nascita del Maestro e, purtroppo non concretizzatasi a causa della pandemia , viene oggi riproposta con lo scopo di evidenziare l’importanza di una progettualità manuale, di ricordare la valenza dell’approccio artigianale nell’arte applicata e cercando, con l’occasione, di condividere l’immediatezza e l’ espressività che ne caratterizzano l’opera generale e, ancora, quel suo spirito “bambinesco”, che, tuttavia, sottende una cultura figurativa vastissima.
Così come Emanuele Luzzati utilizzava la carta per i suoi “Burattini” conferendo alle sue storie un carattere di gioco consapevole, di disvelamento della finzione artistica, così ho pensato di utilizzare anch’io lo stesso materiale nella realizzazione delle creazioni che qui presento , lasciandomi guidare dal puro “divertimento” , proprio come in un gioco… quello antico delle…. “belle statuine”
Paolo Bigelli
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